di Francesca Busatto
Scavare fossati, nutrire coccodrilli è la mostra, curata da Giulia Ferracci, realizzata in collaborazione con Silvia Barbagallo e coprodotta da Minimondi Eventi, delle opere di Zerocalcare inaugurata lo scorso 10 novembre al museo MAXXI di Roma.
Michele Rech, in arte Zerocalcare, è ciò che non ho timore di definire artista. Non tanto per l’abilità con la materia, in questo caso il fumetto e, dunque, il disegno, quanto per la capacità di trasferire storie, emozioni e idee tramite il mezzo “arte”. Perché, lui, nelle storie ha deciso di entrarci sul serio: con la vita nei centri sociali, i cortei di lotta collettiva contro le ingiustizie, le fanzine punk, gli incontri di un ambiente fervido di consapevolezza storica e politica. Le sue opere parlano di vita quotidiana, di sentimenti comuni che tutti, bene o male, attraversano. Sembra banale eppure non lo è affatto. Perché la voce del popolo, quello vero, non lo è mai.
L’occhio di Zerocalcare è colmo d’empatia, sensibilità e umiltà e, per questo, è amato da molti (se non da tutti) quelli che hanno un’inclinazione umana affine. Nonché un percorso fatto da insicurezze, sbagli e verità. Alle volte le sue strisce sono crude, dirette. Colpiscono senza chiedere il permesso. Le sue sono pagine che hanno l’abilità d’esprimere ciò che ci ritroviamo noi stessi a pensare, ma che, magari, non abbiamo il coraggio di esplicare.
La mostra è suddivisa in quattro sezioni differenti che ripercorrono gli anni del suo lavoro dagli esordi a oggi, tra poster, illustrazioni, copertine di dischi, tavole originali, magliette, loghi.
POP è il primo capitolo espositivo in cui è rappresentato il trauma della generazione degli anni Ottanta, cresciuta tra fumetti Marvel, lungometraggi Pixar, cartoni animati giapponesi e Gameboy, che, nel momento della maturità, viene catapultata in un mondo decisamente meno roseo di quello a cui è stata abituata nei sogni di infanzia e negli impeti adolescenziali. Lo sguardo, qui, è malinconico e nostalgico ma non manca un’analisi dei demoni del nostro tempo: i social network, la politica e l’economia.
Quello denominato Lotta e resistenza è la testimonianza della vita politica dell’artista. Le conquiste, i diversi movimenti di opposizione e i luoghi di denuncia collettiva come i centri sociali. Qui troviamo tantissimi materiali, tra cui poster e illustrazioni realizzate a sostegno di svariate iniziative, fanzine dal gusto punk, periodici dedicati alla cultura underground.
La sezione Non-reportage, invece, racchiude la traccia di alcuni periodi, spesso ben poco chiacchierati dai media, della storia italiana. Troviamo alcune strisce sugli sgomberi dei rifugiati a Roma, altre sul conflitto turco-siriano che sono racchiuse anche nel libro Kobane Calling e le strisce del suo primo fumetto, nato dall’indignazione dei fatti riguardanti il G8 di Genova, nel 2001, posizionate su una parete dipinta completamente di nero.
Il capitolo finale, Tribù, è anche il cuore vero e proprio della mostra e consta di una quarantina di tavole illustrate. Racconta della comunità in cui è cresciuto, quella della cultura punk, dai valori saldi, seppur diversi da quelli socialmente accettati. Una comunità che genera e si alimenta tramite il rapporto fra gli individui, caratterizzata da un certo sentimento di disadattamento. In sostanza, una famiglia sui generis.
L’esposizione, prorogata fino al 31 Marzo 2019, non è la semplice rassegna di un artista talentuoso ma un vero e proprio percorso, a volte sofferto, all’interno del suo cuore. E del nostro.