Todays Festival // Torino 23 – 24 – 25 agosto 2019
Recensione e foto di Jamila Campagna
Questo report arriva precisamente un mese e 10 giorni dopo il TOdays Festival 2019 che ha animato Torino dal 23 al 25 agosto. C’è stato tutto il tempo per decantare le sensazioni estemporanee, per razionalizzare le emozioni e sintetizzarle in pensieri. E poter confermare che il TOdays è un festival superlativo e straordinario, magistralmente articolato dal direttore creativo Gianluca Gozzi, un festival che fa breccia nella memoria personale di chi c’era e nella memoria collettiva della città, anche quando, settimane dopo, l’entusiasmo del momento è scemato, la festa è finita e gli eventi sono già ricordi.
TOdays is haunting you. In italiano potremmo dire che è un festival che ti infesta – aprendo persino nuovi percorsi etimologici – e per dirlo meglio è un festival che viene a caccia del tuo spirito, ti cerca dentro per ribaltarti e tirare fuori sia l’angolo più nero di te che quello più esageratamente vivido e colorato. Detto così sembra un discorso confezionato, ma in realtà è proprio così: il TOdays è un festival blu indaco – che sia l’indaco della profondità oceanica o del sesto anello dell’arcobaleno – abissale e smerigliato, sa cosa offrire al proprio pubblico e sa come assorbirlo per restituirlo ancora una volta indietro, con le energie decuplicate.
Essere al TOdays è stato un urlo in capo al mondo, strappare con i denti tempo e km, agganciarsi a un treno dopo averne persi tre, passare 23 ore sveglia per ingollarsi quattro concerti di fila con il rammarico di tutti quelli mancati. Essere al TOdays è stata una goccia di soddisfazione per ogni goccia di sudore, proprio come deve essere partecipare a un festival musicale che si rispetti. Sicuramente TOdays, arrivato alla sua quinta edizione, può essere considerato l’unico festival musicale italiano in grado di competere con ciò che si intende per festival musicale all’estero: miti che hanno fatto la storia della musica – dall’alternative rock alla musica elettronica -, nomi di punta tra le avanguardie del presente e straordinarie novità ancora tutte da scoprire, tutto presentato in un cartellone ragionato e organico, con un leit motiv chiaro e forte che ti fa sentire di essere immerso in un festival. Ogni esibizione ha avuto il suo ruolo e la sua posizione, senza mai dare l’impressione che ci fossero momenti messi lì solo per riempire il palinsesto.
Per questo TOdays è un festival che ti perseguita come un’idea accecante che ti ha aperto il terzo occhio in fronte, quell’occhio che attraverso la musica riesce a vedere che c’è ancora tanto da raccontare, che non è stato già detto tutto, che non siamo la generazione dei leftover, che c’è ancora un presente da mettere a ferro e fuoco per vivere e raccontare il mito – di ieri, di oggi, di domani. Il Festival torinese ci ricorda che quella materia bollente che ha fatto storia è ancora calda, malleabile e presente, pronta a essere messa in forma per la costruzione di un cuore pulsante fatto di ricerca e meraviglia. Once you’ve seen it, you cannot unseen.
//
Nella Gallery de IL MURO:
La band senza tempo dei LOW (24 agosto, Spazio211), giunta al 26esimo anno di attività, ha portato a Torino la sua capacità di suonare la chiave mistica del rock, di fronte a un pubblico devoto e attento, preso, rapito dalla voce aliena della chitarra di Alan Sparhawk, dal pattern sonoro delle percussioni di Mimi Parker e dalle armonie vocali di entrambi. Un’atmosfera impeccabile che non si scalfisce da anni, e si rinnova sempre, scaturita dall’intesa perfetta tra Sparhawk e Parker che, prima ancora di essere marito e moglie, si conoscono da quando hanno 9 anni. L’intreccio artistico e umano dei due è palpabile e concreto, così come la pelle d’oca sulle braccia di lui, quasi che le onde sonore gli entrassero dentro e uscissero via epidermide. Neverending love, neverending sound.
Hozier (24 agosto, Spazio211) è stato il nome più mainstream del festival, avvicinando anche un pubblico più pop e giovane, oltre allo zoccolo duro dei fan del cantante irlandese, tutti a Torino per l’unica data italiana del tour; con una band di 6 elementi tra percussioni, tastiere, organo, basso, violini, chitarre e organo – un team di musicisti super affiatati messo in piedi tra l’Irlanda e il Tennessee – l’artista si è donato in uno spettacolo coinvolgente. Su quel palco post-industriale, l’artista è stato un po’ diverso da quell’Hozier bello e dannato, con un piede all’inferno, con cui si presenta nei suoi video: sorridente e scanzonato, ha intonato anche un Happy Birthday per festeggiare la mamma dietro le quinte. Ma all’occorrenza è diventato una belva feroce piena di rabbia sedimentata da secoli, un veterano che ha visto cose che voi umani… Uno che ha riscritto la storia di Icaro, si è avvicinato al Sole ed è riuscito a non precipitare.
Il jazz sperimentale della Cinematic Orchestra (24 agosto, INCET) ha attirato un sortito pubblico di appassionati e offerto la giusta combinazione tra strumenti a fiato, percussioni ed elettronica; uno scrigno sonoro che forse a tratti si è socchiuso nell’autocompiacimento, rendendosi inintellegibile dentro virtuosismi estremi, ma che ha regala comunque un biglietto di sola andata per il sublime, soprattutto quando sul palco è arrivata la cantante Heidi Vogel, così soul, così cinematografica. La narrativa musicale – come la definisce Jason Swinscoe, fondatore assieme a Dominic Smith- raggiunge l’apice e inonda l’immaginazione passando per i 5 sensi.
The Art of What?! di Gary Langan e J.J. Jeczalik – in questa occasione senza Anne Dudley – accompagnati dal producer e sound engineer Donal Hodgson – vincitore di un Emmy con il suo lavoro di mixing per lo show Symphonicities di Sting – sul palco dell’ex Fabbrica INCET alle 2 di notte del 25 agosto. Il collettivo ha portano lo storico pacchetto di creatività e sperimentazione degli Art of Noise nella nuova veste degli Art of What?!, irreverenti e dissacranti già nel nome. Portatori sani di una controcultura che ha informato l’universo pop e dance e l’immaginario dei videoclip degli ultimi 30 anni, hanno un tale bagaglio storico che possono permettersi di campionare se stessi. E così è stato: una combo di dj set e visual durante il quale il collettivo ha giocato anche con il tema delle maschere – carattersistiche del loro esordio, poi divenute un classico in un certo ambiente musicale, simboli di mistero e libertà – con la frammentazione di video e ha riproposto i suoi successi. Prima tra tutte la suprema Moments of Love, manipolabile in un loop fatto di infinite variazioni, con la cassa che continua a suonare anche se staccano la corrente.
Infine, l’incontro-showcase con la cantautrice Cristina Donà, il pomeriggio del 25 agosto, presso lo spazio ipercontemporaneo del Mercato Centrale – polo commerciale e gastronomico della città che affaccia sul piazzale dello storico mercato di Porta Palazzo. Voce e chitarra, Cristina Donà ha incontrato un pubblico attento e appassionato, ha portato la sua esperienza e raccontato il suo percorso nella tradizione cantautorale italiana, con la sua particolare declinazione al femminile che l’ha resa sempre portatrice di contenuti inediti e ricerche pionieristiche.
Low
The Art of What?!
Cristina Donà