di Vera Viselli
Per il decennale, la Festa del Cinema di Roma (16-24 ottobre 2015) si rinnova: nuovo direttore artistico (Antonio Monda) e nuovo presidente (Piera Detassis, già direttore artistico di edizioni precedenti), nessuna sezione a parte la Selezione ufficiale (con 37 film e due serie tv) con qualche formula già ben oliata, ossia gli incontri e le retrospettive. In più, l’idea di mantenere i riflettori accesi per tutto l’anno, attraverso una serie di appuntamenti sparsi nei vari luoghi della capitale: CityFest – questo il nome dell’iniziativa – nasce come sostegno e promozione del cinema e dell’audiovisivo sia a Roma che in tutto il Lazio, ed ha avuto il suo battesimo con il duetto tra Pierfrancesco Favino ed Elio Germano. Partendo dalla Selezione ufficiale, spicca su tutti l’anteprima di The Walk – 3D di Robert Zemeckis (peccato per la sua mancata presenza, nell’anno del trentennale di Ritorno al futuro), la vera storia di Philippe Petit, un funambolo francese che sorprese la città di New York camminando su una fune d’acciaio tesa tra le due torri del World Trade Center (già protagonista di Man on wire, il documentario del 2008 di James Marsh, vincitore dell’Oscar 2009 come miglior documentario, presentato sempre al Festival romano, nella sezione Extra). Altra chicca, l’anteprima delle prime due puntate della seconda stagione di Fargo (la serie tv firmata dai fratelli Coen ed ispirata al loro celebre film) e delle dodici puntate di Fauda, la serie israeliana di Assaf Bernstein che racconta, da entrambi le parti, il conflitto israelo-palestinese (ci aveva già provato l’inglese The honourable woman di Hugo Blick, con risultati appena sufficienti) e che potrebbe percorrere la stessa strada di Hatufim, da cui poi è stata tratta Homeland.
Ottimo il filone bellico: su tutti, Land of mine (Danimarca, di Martin Zandvliet), ovvero la storia di un gruppo di giovani prigionieri tedeschi, che, dopo pochi giorni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, vengono deportati su una spiaggia danese dove sono costretti a sminare due milioni di ordigni disseminati dall’esercito nazista (assordante il contrasto tra la calma e la bellezza del mare con il rombo improvviso della morte, nascosta sotto la sabbia) e Full contact (Olanda e Croazia, di David Verbeek), dove si vedono tre episodi della vita di un soldato della guerra moderna, che bombarda accidentalmente una scuola di bambini con un drone comandato a distanza, e da lì inizia una disconnessione dalla vita reale che lo porta ai confini del mito platonico della caverna. Da menzionare l’esordio alla regia di Gabriele Mainetti con Lo chiamavano Jeeg Robot (un pregiudicato di borgata, entrato in contatto con una sostanza radioattiva, scopre di avere una forza sovraumana, che sfrutta per la sua carriera di delinquente); il documentario Ouragan, l’odyssée d’un vent dei francesi Cyril Barbançon e Andy Byatt, che esplora le origini di uno degli eventi naturali più catastrofici al mondo, l’uragano, qui protagonista e narratore (attraverso una voice over) e lo sperimentale Eva no duerme di Pablo Aguero (Argentina, Francia, Spagna), che inizia con una sequenza che sembra riportare alla luce i drughi kubrickiani per poi addentrarsi sempre più nel mito di Eva Peròn, uno dei personaggi politici argentini più amati ma allo stesso tempo più odiati: si ripercorrono le vicende del corpo di questa “nuova bella addormentata” (dall’imbalsamazione alla sua sepoltura), che per ben venticinque anni sarà causa di conflitto tra le varie parti politiche che tentano di impadronirsi del Paese. Una menzione speciale (forse perché è il miglior film della selezione – eccezion fatta per Zemeckis) per il russo Little bird, di Vladimir Beck: un ritratto così intimo della fine della fanciullezza, con i suoi dolori e le sue passioni impetuose, ma anche un’esplorazione del vero senso dell’amore, giovanile o adulto che sia e per il documentario Hitchock/Truffaut di Kent Jones (Francia), uno degli undici Omaggi dedicati a grandi protagonisti del cinema (si va da Ingrid Bergman a Stanley Kubrick, da Sergio Corbucci a Francesco Rosi, da Pasolini a Buñuel, dai fratelli Taviani ad Ettore Scola passando anche per Frank Sinatra e Paolo Villaggio), che porta sul grande schermo il famoso libro-intervista di Francois Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, attraverso foto dell’epoca, registrazioni originali ed interventi di cineasti contemporanei che hanno imparato ed amato il cinema dal maestro del brivido.
Tre le Retrospettive: Pixar Animation Studios, che ha celebrato la famosa casa di produzione vent’anni dopo l’uscita nelle sale del suo primo lungometraggio d’animazione e trae ispirazione dal team creativo guidato da John Lasseter che, da Toy Story ad Inside Out, ha ridefinito i confini dei film d’animazione, registrando incassi record in tutto il mondo per gli straordinari film realizzati fino ad oggi, il tutto analizzato in una masterclass dal titolo Viaggio nel mondo Pixar con Kelsey Mann; Antonio Pietrangeli, in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà, il Centro Sperimentale di Cinematografia e la Cineteca Nazionale, un omaggio all’opera di un autore che amava le donne e che per intercettarne il rapido mutare scopre che le regole del racconto di genere possono e devono essere frantumate. Presso il Cinema Trevi, è stata riproposta una serie di film (Adua e le sue compagne, 1960; Come quando perché, 1969; Fantasmi a Roma, 1961; Le Fate (ep. Fata Marta), 1966; Io la conoscevo bene, 1965; Il magnifico cornuto, 1964; Nata di marzo, 1958; La parmigiana, 1963; Lo scapolo, 1955; Il sole negli occhi, 1953; Souvenir d’Italie, 1957 e La visita, 1963) che hanno saputo raccontare la sensibilità dell’animo femminile come pochissimi, in Italia, sono riusciti a fare. Infine, Pablo Larraín, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico cileno che, grazie a una trilogia di raro impatto visivo ed emozionale, ha saputo narrare – attraverso inediti punti di vista – ascesa e declino della dittatura di Augusto Pinochet: una parabola che da Tony Manero (2008), presentato a Cannes e poi premiato a Torino come miglior film, passa attraverso Post Mortem (2010), in concorso a Venezia, per arrivare a No – I giorni dell’arcobaleno (2012) con Gael García Bernal, candidato all’Oscar come miglior film straniero. La grande capacità di produrre avversione ed empatia, sconcerto e rapimento, attraverso protagonisti e spazi dei suoi
film, emerge fin dal suo primo lavoro, Fuga (2006), e rimane inalterata fino a El Club (2015) – che quest’anno ha ricevuto l’Orso d’argento a Berlino e rappresenterà il Cile ai prossimi premi Oscar – distribuito a novembre nelle sale italiane da Bolero Film.
Arriviamo alle note dolenti della Festa, gli Incontri Ravvicinati: Jude Law, Wes Anderson e Donna Tartt, William Friedkin e Dario Argento, Joel Coen e Frances McDormand, Paolo Sorrentino, Todd Haynes, Carlo Verdone e Paola Cortellesi, Renzo Piano, Riccardo Muti, Paolo Villaggio. Un format ampiamente consolidato negli anni precedenti, ma che quest’anno ha visto una lunghezza spropositata per la coppia Coen-McDormand così come per Jude Law (più di un’ora e mezza, senza la possibilità di fare delle domande da parte del pubblico in sala), una scelta discutibile delle sequenze fatte vedere in sala e, per i film italiani, è grave la mancanza dei sottotioli in lingua inglese (è una Festa, certo, ma pur sempre internazionale), passando per l’ennesima riproposizione del duetto Verdone- Cortellesi, visto e rivisto. Insomma, qualcosa su cui dover lavorare per la prossima edizione, non ci sono dubbi. Infine, ottima la partecipazione alla prima edizione di MIA, il Mercato Internazionale dell’Audiovisivo (sotto la direzione di Lucia Milazzotto): si tratta di un content market e allo stesso tempo di un matchmaking hub. Un mercato europeo che, con il suo format innovativo e flessibile, si è proposto come un networking & business booster, articolato in specifiche azioni di mercato: una piattaforma efficiente dove poter vendere ed acquistare i prodotti cinematografici più recenti e selezionate anteprime televisive; un mercato di co-produzione dei progetti più interessanti di cinema e documentario; un hub di riflessione e ragionamento sul TV drama e uno strumento unico di matchmaking con i top player dell’industria televisiva; un focus sul factual e sul documentario per esplorare le opportunità della produzione e distribuzione unscripted; un think-tank e uno strumento di informazione, discussione ed esplorazione di modelli di business, specifici e generali, e delle opportunità di mercato presenti e future, in una condivisione di strategie e visioni da parte di operatori e istituzioni nazionali e internazionali.
In copertina: The Walk