installazione site-specific
a cura IL MURO
22 maggio 2022
Settimana nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione – Comitato Pro Parco Urbano Acque Medie
Ponte delle Comete
Latina
c’è una meta
per il vento dell’inverno:
il rumore del mare
(Ikenishi Gonsui 1650 – 1722)
Le opere pop-up di Monica Pirone sono dense di ritagli di carta e frammenti fotografici, listelli orizzontali e verticali che si incontrano come pilastri portanti e assi di attraversamento; opere come strutture architettoniche miniaturizzate che si espandono e si contraggono, dove i supporti – anch’essi cartacei – giocano il ruolo del palinsesto che racchiude, cela e svela il suo contenuto nel gesto dell’apertura.
Queste maquette si presentano come ipotesi utopistiche di società relazionale, dove ogni particella cerca di trovare il suo posto e di portare il suo senso, dove la costruzione dell’identità personale e dello scambio sociale è affidata alla dimensione della memoria, della storia personale che si fa Storia collettiva nell’atto di ricordare, condividere, tramandare.
Le figurine – accuratamente ritagliate da Monica Pirone scavando in un immenso inventario di foto d’epoca – sono rappresentazioni dell’essere umano contemporaneo, pur essendo sempre in bianco e nero: un incrocio tra il Modulor di Le Corbusier, che col suo corpo dovrebbe essere metro con cui definire gli spazi, e l’individuo situazionista che invece dovrebbe misurare lo spazio col suo vissuto interiore, col suo portato emotivo. Le strade della misura matematico-anatomica e dell’esperienza si incontrano e diventano un solo tracciato coincidente, come il tempo coincide con lo spazio: le figurine in costume da bagno, che si guardano tra loro e sembrano interrogarsi su come far passare la giornata, potrebbero essere sedute sulle sponde del Canale delle Acque Medie, canale di bonifica e di fondazione della città di Latina che è passato quasi del tutto inosservato per 90 anni di vita cittadina. Probabilmente lo scarso interesse verso il Canale è sempre stato collegato a un senso di precarietà e paura evocato implicitamente dal ricordo della malaria e della zanzara anofele: il Canale come qualcosa di insalubre da cui tenersi ben distanti (e forse proprio per questo i quartieri che vi sono più prossimi sono i quartieri più difficili della città). Ma cosa può accadere se la città iniziasse a rivivere il Canale tenendo a mente il suo valore salvifico, motore di sviluppo e propositività? Anche su questo si interroga Monica Pirone con la sua installazione L’acqua corre al mare, un’opera che si dispiega – letteralmente – per 7 metri, attraversata da una fascia centrale blu che indica il corso del canale che ha origine nobile nella sorgente di Ninfa e, attraversato il periurbano, sfocia nel mare. I corsi d’acqua sono emblema di quel coincidere di tempo e spazio, di quell’unità spazio-temporale che è l’ultima prospettiva vitale dell’individuo contemporaneo, rappacificazione tra un mondo esterno, scientifico e misurabile, e un mondo interiore che in Occidente si è invano cercato di codificare con le discipline sia umanistiche che scientifiche.
L’acqua scorre in una sola direzione, arriva sempre al mare, non torna mai indietro. L’acqua sa dove andare e sa cosa portare. I sedimenti e i detriti vengono spinti dalla fonte alla foce nello stesso meccanismo di trasporto degli elementi mnemonici e identitari trascinati nel corso della vita di ciascuno. Nell’opera L’acqua corre al mare questi residui della memoria, questi contenuti sensibili, restano sugli argini del Canale come bagnanti, spettatori del cammino dell’acqua, con forme simboliche di lune, case, farfalle, tracce di volti e discorsi stampati su carta: è attorno al Canale che la città osserva la sua Storia scorrere e si sforza di capire il senso del presente e la soluzione del futuro.