a cura di Vera Viselli
Correva l’anno 1942 quando il Luneur venne alla luce, come giardino botanico di ben sette ettari per l’Esposizione Universale che si sarebbe tenuta a Roma 11 anni dopo. Un giardino enorme, verrebbe da pensare. Ebbene, rimasto nascosto per tutti i grandiosi decenni del vecchio Luneur, i mitici anni Ottanta e Novanta, ora quel giardino è stato riportato alla luce, nel pieno rispetto e tutela delle 340 specie del suo patrimonio arboreo, con un cuore pulsante costituito da un labirinto di piante olfattive ed un vero e proprio orto.
Ma non tergiversiamo: il famosissimo parco di divertimenti romano ha avviato il suo nuovo corso, tra polemiche annali, nostalgiche, una certa paura delle persone che lo avevano frequentato e che lo rivolevano indietro, come un giocattolo rotto che doveva essere aggiustato. Il problema, cruciale, però, è che di tempo ne è passato parecchio, quei bambini affezionati degli anni ’90 sono un bel po’ cresciuti e quel tipo di giocattolo, se così vogliamo chiamarlo, doveva essere modificato secondo i tempi ed i modi di fruizione dei bambini di oggi, non quelli di ieri. Gianluca Falletta, il direttore creativo del nuovo corso, era uno di quei bambini innamorati di quel parco, uno di quelli che, come noi, ci ha passato l’infanzia e l’adolescenza, e che ha deciso che i bambini di oggi, non i Millennials bensì i nati ben oltre il 2000, dovessero poter avere anche loro un luogo dove forgiare dei ricordi nuovissimi, che appartengano solo ed esclusivamente a loro. Un posto in primis sicuro (ricorderete certamente le polemiche relative alla non-sicurezza del vecchio parco) ed autorevole, capace di offrir loro non semplicemente una giostra sulla quale salire e scendere ma una vera e propria esperienza: come i videogiochi ed i giochi di ruolo, il Luneur Park ha come idea di base quella di rendere i suoi ospiti parte integrante ed attiva di una storia, vestire magari i panni degli eroi e allenandosi a combattere insieme ai draghi (nella Draco Arena) o imparando ad amare e a rispettare la natura e la sua storia, attraverso percorsi che alternano realtà e leggenda (i draghi ed i dinosauri della Dinovia, ricostruiti grazie all’aiuto ed al lavoro dei ricercatori di geologia dell’Università La Sapienza) con attività pratiche e sociali. Se può insinuarsi un dubbio, nella mente di qualcuno, riguardo il perché inserire attività didattico-sociali all’interno di un parco giochi, basti pensare che fu Todorov il primo a teorizzare il tema del fantastico e a dargli una valenza sociale, seguito poi a ruota da Gianni Rodari, il quale affermava che bisognerebbe vedere oggettivamente, senza pregiudizi di sorta, che cos’è per un bambino l’esperienza di Goldrake, studiare un sistema per sapere la sua vera opinione e non suggerirgliela, come spesso gli adulti tendono a fare. Ecco, sta proprio qui la novità (vincente) del Luneur Park: i bambini vanno resi protagonisti di un qualcosa che possono scegliere di vivere essi stessi e non dei semplici fruitori di una giostra meccanicamente preparata ad essere usata da un adulto. Bisogna che si divertano essendo stimolati, non indotti, dando ad ogni singolo bambino la possibilità di costruirsi da solo il proprio momento nel parco, senza essere forzato a seguire itinerari prestabiliti.
La generazione dei trentenni di oggi (e chi vi scrive ne fa ovviamente parte) il suo Luneur ce l’ha avuto: noi eravamo quelli di Stranger Things, impavidi scopritori di videogiochi, figli di It attratti nervosamente dalla paura e dalla mostruosità, che spesso si coniugava con il diverso, il ‘gigante’ – ecco perché ci fermavamo attoniti davanti al gufo gigante (che è ancora possibile ammirare), al ragno, a King Kong, a Nessie o al mago di Notti Orientali. Il grande per noi equivaleva a grandioso, e non ci stufavamo mai di vedere qualcosa decine e decine di volte o ripetere un quadro di un videogioco all’infinito, perché avevamo tutto il tempo del mondo. I carri armati che sono stati mandati in guerra per difendere il parco che era e che doveva continuare ad essere avevano nella loro corazza un punto debole assolutamente essenziale: non avevano considerato che non erano le nuove generazioni a doversi adattare al parco, ma il Lunar Park ad offrirsi a loro. Offrirsi come, con cosa? Con quello che agognano di più oggi: essere partecipi di qualcosa, e magari con qualcuno. Di una storia, un’avventura, un’esplorazione, una trasformazione, una stagione. Noi eravamo quelli cui erano riservati fin troppe (ed ossessive) attenzioni, e forse proprio per questo volevamo scoprire da soli come sconfiggere un mostro, vedere se ET sarebbe tornato a casa, leggere della fine del capitano Nemo, scoprire il giardino segreto o finire La storia infinita sotto le coperte. Oggi invece le attenzioni non ci sono, ed i bambini sembrano dipendere esclusivamente da quelle: per questo il parco è stato pensato come luogo ad hoc per tutta la famiglia, così come per le classi scolastiche, che possono imparare a non aver paura degli insetti, a riconoscere piante ed ortaggi, a prendersi cura di loro e a coltivarli ,mentre al tempo stesso possono rivivere con i loro genitori il Brucomela, il Jumbo, la Giostra dei cavalli, la Grande Ruota Panoramica o i nuovissimi Banzai! (chi guardava Mai dire Banzai non potrà non sorriderne), il Labirinto di Oz, il Sentiero degli elfi, mentre alcune attrazioni si alterneranno a seconda delle stagioni (per le festività natalizie la Terrazza del Sole ha ospitato una enorme pista di pattinaggio, che occupa ben 300 mq, cui è seguito un mercatino natalizio ed il Villaggio di Babbo Natale, dove i piccoli hanno potuto entrare bambini ed uscirne da elfi).
Una chicca, per grandi e piccoli: la Casa Matta e l’Horror House esistono ancora, e quest’ultima risorgerà dalle sue ceneri idealmente per il prossimo Halloween, con gli ospiti di Hotel Transilvania e di tutti quelli che vorranno tentare un qualche tipo di incontro ravvicinato con loro.
www.luneurpark.it
Tutte le immagini sono realizzate da IL MURO su concessione di Luneur Park.
Ringraziamo Gianluca Falletta, direttore creativo, e Enrica Cammarano, responsabile ufficio stampa, per la disponibilità e il tempo a noi dedicati.