L’INVISIBILITÀ NON È UN SUPERPOTERE

Fotografie e lastre per dire no alla violenza sulle donne

recensione e documentazione fotografica di Fabiana Calvo

Giovedì 16 Gennaio gli spazi del WeGil hanno ospitato una giornata dedicata al tema della violenza sulle donne: alle ore 11:00 si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della mostra L’INVISIBILITÀ NON È UN SUPERPOTEREfotografie e lastre per dire no alla violenza sulle donne, mentre alle ore 18.30 ha avuto luogo l’Inaugurazione dell’esposizione, che sarà aperta ai visitatori fino al 6 febbraio, con ingresso libero.

Nel percorso della mostra s’incontrano dieci radiografie e dieci fotografie accompagnate dai racconti delle donne accolte presso lo sportello antiviolenza online di Reama. È proprio la congiunzione tra immagini e parole a trasmettere l’impietoso stato di dolore e silenzio scaturito dalla violenza sulle vittime.

Le radiografie esposterigorosamente anonime, appartengono alle donne arrivate presso i Pronto Soccorso dopo aver subito una violenza e sono state fornite, per gentile concessione, dall’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma e dall’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano.

“L’invisibiltà non è un superpotere”, di Fondazione Pangea e Reama Network, è promossa dalla Regione Lazio e organizzata da LAZIOcrea, in collaborazione con la fondazione stessa, promotrice di Reama. L’iniziativa è frutto dell’esperienza ventennale di Fondazione Pangea e dell’incontro tra la Dott.ssa Maria Grazia Vantadori, chirurga, referente CASD – Centro Ascolto Soccorso Donna dell’Ospedale San Carlo di Milano e componente della rete Reama, e la fotografa Marzia Bianchi, collaboratrice di Pangea – Reama.

La conferenza stampa ha raccolto gli interventi di: Giovanna Pugliese, Assessora al Turismo e Pari opportunità della Regione Lazio; Simona Lanzoni, Vice Presidente Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice di Reama; Marzia Bianchi, fotografa, curatrice e collaboratrice Pangea – Reama; Maria Grazia Vantadori, chirurga, referente CASD – Centro Ascolto Soccorso Donna dell’Ospedale San Carlo di Milano; Fabrizio d’Alba, Direttore Generale Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini; Francesca Reggiani, attrice.

A presentare gli ospiti e a introdurre al tema della violenza sulle donne sono state le parole di Giovanna Puglisi che, soffermandosi sui problemi dell’invisibilità, dell’abbandono, dell’inconsapevolezza e dell’incapacità di chiedere aiuto da parte delle vittime, afferma: è importante che il supporto arrivi sin da subito, già all’interno del pronto soccorso, attraverso la creazione di circuiti di accoglienza. Tali circuiti, secondo la Puglisi, devono inserire le donne vittime di violenza all’interno di un percorso di aiuto concreto, capace di fornire un sostegno morale, e insieme psicologico, tale da facilitare il superamento del trauma e il reintegramento. Per fortuna, ci rincuora ancora l’assessora, molti dirigenti ASL stanno già cambiando la realtà in questo senso.

L’attrice e imitatrice Francesca Reggiani, da sempre impegnata sul fronte civile, e conosciuta per l’interpretazione di personaggi femminili come Sabrina Ferilli e Sophia Loren, si è espressa sulla parità dei sessi: potrebbe sembrare un discorso ovvio, dice, ma in realtà non lo è ed è ancora fortemente presente una disuguaglianza. In ambito lavorativo io lo avverto, vedo una differenza di comportamento delle persone nell’interfacciarsi con me o con altri attori uomini. A noi donne ci ascoltano sempre di meno e le nostre stesse parole, pronunciate da un uomo, acquistano più valore.

Mariagrazia Vantadori, invece, spiega come essere entrata da chirurgo donna, presso il San Carlo Borromeo di San Siro, abbia significato mettere in discussione più di uno stereotipo. I pazienti, racconta, entravano in pronto soccorso e le chiedevano: dove è il chirurgo? e lei con ironia rispondeva: oggi aveva da fare, ci sono solo io!. D’altro canto il suo essere donna l’ha aiutata come referente del CASD – Centro Ascolto Soccorso Donna: in pronto soccorso le donne vittime di violenza si sentivano a proprio agio a parlare con me, le portava a fidarsi. Ma in generale le donne hanno difficoltà a esprimersi in tal senso. Per questa ragione la Vantadori orienta il suo lavoro verso la prevenzione: studio attentamente le radiografie o le ecografie. Le analizzo molto bene e spesso riesco a capire se c’è stata violenza.

Simona Lanzoni, coordinatrice della rete di interventi di Reama, sottolinea: le persone comuni possono aiutare a uscire dalla violenza semplicemente attraverso l’ascolto e la comprensione e gli uomini dovrebbero farsi fautori dell’antiviolenza e non sentirsi accusati.

Marzia Bianchi, fotografa in mostra, parla di come sia nato il progetto e lo definisce una contaminazione tra diverse figure, che vede coinvolto il lavoro di una fotografa, di una medico e delle istituzioni. L’esposizione, continua, vuole uscire da ogni stereotipo e mettere al centro l’ascolto. Ecco perché al posto delle usuali foto di donne picchiate, troviamo le loro narrazioni affiancate dall’interpretazione fotografica. Le radiografie invece, permettono ai corpi di parlare.

A chiudere la conferenza è di nuovo Giovanna Puglisi che fa luce sull’importanza dell’educazione ai sentimenti e su come questa educazione debba essere portata nelle scuole, per un cambio radicale della mentalità. Aggiunge, infine, che la lotta contro la violenza sulle donne va combattuta su tre fronti: prevenzione, protezione e punizione. Prevenzione attraverso l’educazione ai sentimenti, protezione grazie ai percorsi di sostegno per le donne, e punizione dei colpevoli.

Finora sono ventitré i centri di antiviolenza sul territorio del Lazio e a breve ne apriranno altri. Una speranza per ricominciare.

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