Quodlibet, 2014 – 267 pagine
«Niente idee se non nelle cose» – Questa la citazione del poeta e scrittore statunitense William Carlos Williams che troviamo nell’interno della copertina dorata e riflettente della splendida edizione Quodlibet di Una storia elettrica di Italo Rota. Come un assunto iniziale, la frase ci porta nella dimensione di un delicato pragmatismo che vede nei fatti, nei materiali, nelle cose concrete, il giusto luogo per le idee, quasi a dire che queste ultime non servono a nulla se non applicate. Questo è forse il senso ultimo – e più alto – dell’architettura, dove arte e storia entrano nelle dinamiche della vita e si fanno luogo. Lo sa bene Italo Rota, architetto e designer, formatosi nello studio di Vittorio Gregotti e nella redazione della rivista Lotus, attento alle significazioni culturali e all’idea di architettura come raccoglitore, come veicolo di senso, sia nel quotidiano che nell’eccezionale (si ricorda la collaborazione con Gae Aulenti negli anni ‘80 per il nuovo allestimento del Musée d’Orsay e la revisione del Museo del Novecento a Milano, inaugurato nel 2010). Revisione, significazione, ottimizzazione. In Una storia elettrica, Rota propone un nuovo approccio alla contemporaneità protratto verso l’efficienza energetica. La rete internet, il movimento, la luce, il calore informano gli spazi del vissuto seppur nella loro apparente invisibilità e intangibilità, così come l’eneriga elettrica. Nella rivoluzione digitale che stiamo vivendo, alla ricerca di una nuova Estetica, si delineano gli homines energetici pronti per la terza rivoluzione industriale che ha già iniziato a configurarsi.
La lezione di Rota è dettagliata, scorrevole e mai noiosa; è il racconto di una storia affascinante che parla di tecnologia e evoluzione dell’umanità; con piccoli flash combinatori in stile postmoderno e interdisciplinare – citando David Lynch, Gilles Clement, Bruce Lee e il geologo Stoppani, per dirne alcuni – Rota spiega come si è arrivati alla consapevolezza che l’essere umano è diventato fattore integrato dell’evoluzione geologica del pianeta Terra, tanto che l’attuale era geologica è definita Antropocene. Questa nuova era in cui gli umani hanno iniziato ad alterare in modo considerevole e permanente l’ambiente globale, anche attraverso grandi opere di tecnologia, ricolloca l’essere umano all’interno dei massimi sistemi e porta alla necessità, da parte di tutte le discipline del sapere, di organizzare nuovi punti di vista e riflessioni in base alle nuove responsabilità. Oltre ai sei capitoli testuali sorretti attorno alle parole chiave di sostenibilità, bellezza, efficienza, energia, partecipazione, troviamo un apparato delle immagini ricchissimo definito Atlante con un richiamo inevitabilmente warburghiano – che si estende per 172 pagine dai colori vividi e intensi: accanto alle immagini realizzate dallo stesso Rota, si rintracciano i saggi fotografici di Mattia Balsamini e Giovanni Chiaramonte, composizioni fotografiche di ambienti naturali e antropizzati, che spesso sono maquette in scala dove omini in plastica sono ritratti in scene di vita quotidiana, di svago o di lavoro. Nell’Atlante compaiono anche immagini del progetto Life/Installed di Italo Rota, presentato da Samsung al Fuorisalone di Milano nel 2012, in cui l’ambiente intimo della casa si amplifica in una realtà aumentata, attraverso il filtro del tablet, mostrando una nuova tecnologia che trasforma lo spazio domestico per incontrare le esigenze di chi lo abita.
Tra lo spazio privato e quello pubblico, tra la stanza e la strada, il futuro è un terrain vague e l’architetto dello spazio e della materia lascia i suoi strumenti per inventare un’architettura della comunicazione, della visione, ancor più dell’esperienza. Propone una filosofia contemporanea, contaminata e piena di pertinenze, proprio come la vita vissuta.
Jamila Campagna