recensione a cura di Vera Viselli
Se pensavamo di sapere tutto, ma proprio tutto, sul maestro del brivido cinematografico grazie al libro-intervista di François Truffaut, ci sbagliavamo.
In questo libro, curato da Sidney Gottlieb, edito da Donzelli nel 2015, è stata raccolta una selezione di interviste e scritti di Sir Alfred Hitchcock (alcuni contenuti già in Vita tra le stelle e I miei ricordi cinematografici, tutti inerenti la prima fase della sua carriera), che vanno da un accurato saggio descrittivo sulla moglie Alma, passando per i discorsi agli studenti universitari e all’Associazione produttori cinematografici, per arrivare fino ai racconti pubblicati sull’Henley Telegraph e ad un saggio sulla bellezza femminile.
Probabilmente, per un fan ed amante di Hitch si tratta di cose più o meno note, finché non si arriva alla ‘confessione’ dei film che il grande regista inglese avrebbe voluto portare sullo schermo ma che è stato impossibilitato a fare (tra i vari, vorrei sottolineare quello sulla sciagura del Titanic), per motivi spesso politici e/o di censura, o al particolare piacere che provava nel girare scene lunghe, senza interruzione.
Se però c’è una costante, in ogni libro su Hitchcock, è il suo lavoro, il cinema, sfaccettato tra rapporti con attori, attrici e produttori, eccitante nella stesura della sceneggiatura e meno nel lavoro di montaggio:
«Io credo che abbiamo fra le mani il più potente strumento mai conosciuto: il cinema. Non credo esista altro mezzo che possa fare sì che nella stessa sera, in Giappone, in Germania, a Parigi, a Londra e a New York, spettatori diversi vivano la stessa emozione nello stesso momento in cui qualcosa di particolare accade sullo schermo. Non esiste altro mezzo”.
Fra i tanti discorsi che da tempo abbiamo imparato a conoscere sulla tecnica cinematografica e sulla realizzazione di un certo film, questo è certamente quello più ‘lumièriano’ e romantico – seppur privo di suspense – che poteva fare.