di Giulia Pergola
Tradizione e innovazione dialogano grazie a Fendi
Erano anni che Roma attendeva una simile occasione, un riscatto nei confronti dell’arte contemporanea tentato ormai da tempo: l’‘autunno caldo’ inaugurato dal fantasioso allestimento della GNAM ad opera della neodirettrice Cristiana Collu, poi proseguito maldestramente con la personale di Anish Kapoor al Macro, fiorisce, anticipando la primavera di quasi due mesi, grazie al salvifico intervento di Fendi.
Per la sua prima mostra di arte contemporanea negli spazi di Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur, Fendi sceglie Giuseppe Penone, un artista italiano di fama internazionale purtroppo ancora poco noto al pubblico romano, nonostante le esibizioni a lui dedicate, come la mostra del 2008 a Villa Medici, o la meravigliosa stanza quasi nascosta all’interno della Galleria 4 del MAXXI, dove l’anima sanguigna di Scultura di linfa e Pelle di cuoio intaccava gli algidi spazi del museo. E poi ritorna la Collu che sistema il maestoso Spoglia d’oro su spine d’acacia nella prima sala della GNAM, in un dialogo non proprio facile con Canova e Pascali.
Così dopo questi fuggevoli (e forse poco significativi) incontri tra i romani e l’artista piemontese, arriva Fendi ad ufficializzare questa anelata conoscenza. La scelta di uno scultore pregevole come Penone è dovuta a molteplici fattori: l’eleganza formale e la profonda raffinatezza concettuale del lavoro dell’artista, nonché la devozione di quest’ultimo nei confronti della pratica artistica intesa come complementare al fare artigianale, e non in ultimo la grande sintonia tra la Maison e lo scultore.
Fendi ha voluto unire il proprio nome a quello di uno tra i più grandi artisti italiani viventi non solo nel segno di una rinnovata attenzione verso le espressioni artistiche più contemporanee, ma anche nella comune prospettiva di un dialogo fecondo tra tradizione ed innovazione, tra Storia e futuro, e infine tra l’eleganza concettuale e la pregevolezza dell’artigianalità. Un sincretismo perfetto e ben orchestrato dal curatore Massimiliano Gioni che ha saputo offrire una visione ampia e variegata del lavoro di Penone: sono diciassette le opere esposte tra sculture, installazioni e disegni. Una foresta di foglie, tronchi, rami e spine invade gli spazi metafisici di Palazzo della Civiltà Italiana, disorientando positivamente il visitatore che subito si accorge del contrasto tra la fredda lucentezza dei marmi razionalisti e il vitalismo avvolgente, a tratti sensuale, delle opere esposte. Un primo indizio si ha dall’esterno dove la monumentale installazione Abete (2013), alta più di venti metri, interrompe la schematicità dell’architettura di Guerrini e Lapadula.
La mostra, dal titolo Matrice, non prevede un percorso unitario, piuttosto una panoramica suggestiva di alcuni tra i momenti salienti che hanno scandito la carriera artistica di Penone. Sono presenti opere storiche come Soffio di foglie (1979) in cui un mucchio di foglie di mirto riceve letteralmente l’impronta del corpo e del soffio dell’artista, ma c’è anche Rovesciare i propri occhi, un progetto fotografico dei primi anni Settanta, declinato in diverse sfumature, in cui Penone viene ritratto con delle lenti a contatto specchianti che permettono alla realtà circostante di riflettersi negli occhi dell’artista il quale invece diviene momentaneamente cieco, amplificando però la propria percezione del reale. Ci sono anche opere più recenti presentate per la prima volta in Italia, come Foglie di pietra (2013): lunghi rami nodosi, ottenuti con un calco in bronzo, fungono da piedistallo e al contempo da gabbia per un capitello settecentesco, come a voler sottolineare il continuo rimando tra natura e cultura attraverso un percorso che tocca trasversalmente la Storia del mondo con i suoi tempi enormi e dilatati e le storie dell’uomo nella loro finitezza e caducità.
Attraversando un piccolo corridoio, realizzato appositamente per ospitare alcuni disegni dell’artista, si arriva nella seconda grande sala dedicata a Matrice (2015), l’opera che dà il titolo alla mostra: l’artista scava un tronco di abete lungo trenta metri seguendo il perimetro di uno degli anelli di crescita; l’albero, disteso orizzontalmente per la lunghezza della sala, si appoggia sui propri stessi rami, assumendo quasi l’aspetto di una creatura fantastica che custodisce al centro del proprio ‘corpo’ il calco in bronzo del suo stesso cuore. Matrice, e in generale l’intera opera di Penone, riflette sul significato del contatto, di una pregnanza fisica ed intellettiva che si traduce in scultura. La natura è essa stessa matrice della scultura e quindi dell’Arte: questo è un concetto tanto profondo quanto immediato poiché è proprio dietro la semplicità che risiedono le cose più belle e intense.
L’operazione di Fendi è importante perché a Roma e ai romani viene concessa l’opportunità di un confronto sereno ed elegante con l’arte contemporanea; priva di sensazionalismi l’arte di Penone ha una potenza comunicativa capace di coinvolgere anche chi normalmente si avvicina con diffidenza ai linguaggi più contemporanei. Seguendo la medesima poetica, Fendi ha voluto regalare alla città la sua prima vera installazione pubblica di arte contemporanea, realizzata sempre dall’artista piemontese: una scultura monumentale raffigurante due alberi i cui lunghi rami si intrecciano con un blocco di marmo levigato. È questa l’opera che dalla primavera 2017 sarà esposta in modo permanente a Largo Goldoni, di fronte allo storico palazzo della Maison, nel pieno centro storico di Roma, all’incrocio nevralgico tra Via del Corso e Via dei Condotti. Tra l’altro, per i più curiosi, è possibile ammirare un collage dell’opera realizzato dall’artista ed esposto insieme agli altri disegni nella mostra a Palazzo della Civiltà Italiana.
Da segnalare anche l’accesso gratuito alla mostra Matrice, un’occasione unica che i romani non dovranno lasciarsi sfuggire perché potranno coniugare la conoscenza di un artista di altissimo livello come Penone all’esperienza sinestetica nata dal dialogo tra le opere esposte e le atmosfere sospese dell’architettura che le accoglie.
Fendi presenta alla Capitale l’arte contemporanea nella sua forma più autentica, segnando non solo un passo importante nel rapporto tra pubblico e privato, ma anche nella prospettiva di far sì che il dialogo tra tradizione e innovazione si estenda all’intera città risvegliando la curiosità e i cuori di molte persone.
Matrice, Giuseppe Penone
Palazzo della Civiltà Italiana, Roma
27 gennaio – 16 luglio 2017
Tutti i giorni dalle 10 alle 20
Ingresso gratuito
In copertina: Giuseppe Penone, Foglie di pietra, 2013 (in primo piano) / Giuseppe Penone, Pelle di grafite. Riflesso di Allanite, 2007 (sullo sfondo)