F.U.L.A CANTA IL SABAR

recensione e video


Quante storie ci sono in una storia se a raccontarla è un artista come Oumar Sall, in arte F.U.L.A: classe 93, italo-senegalese, un fratello perso in una traversata del Mediterrano verso la Spagna, pieno di quel tormento che ti fa questionare la vita, si trasferisce a Piacenza, città in cui la dimensione dello sport diventa il momento dell’integrazione, poi è il momento di Milano, dove si trasferisce nel 2017: la passione per la musica, nata seguendo la magia di Youssou N’Dour, si fa professione a seguito di un intenso studio per affinare il proprio talento e di una grande ricerca per trovare una propria inconfondibile voce, non solo nel timbro canoro ma anche nei contenuti.
Sabar è il nuovo singolo di F.U.L.A, in rotazione radiofonica e sulle piattaforme digitali dal 29 maggio, un brano dove il ritmo è rincorso dalle parole scelte con cura per far risplendere un Senegal moderno, pieno di desiderio di futuro e di riscatto, in cui il rap incontra le radici della musica africana e si lascia punteggiare da tutte le declinazioni della black music internazionale – Blues, Soul, Reggae, Jazz – inseguendo tutto ciò che è multiforme e multiculturale.
Una spinta verso il mash up che è chiara già dal titolo del brano: Sabar è la parola con cui ci si riferisce alla tradizionale jam di strumenti, danze tipiche e colori senegalesi.
«Il Sabar è un luogo senza tempo dove puoi alleggerire la tua vita. Il posto perfetto per liberarsi dei propri demoni” racconta l’artista per spiegare la sua fascinazione verso una tradizione capace di trascinare e scatenare piccole rivoluzioni del pensiero, che parte dall’energia musicale sprigionata caoticamente tra le vie dei villaggi senegalesi e arriva fino in Italia, grazie alla rap di F.A.L.U. tutta proiettato verso un nuovo linguaggio contemporaneo.
Il valore simbolico della musica è sempre presente e la inonda in ogni dettaglio, così anche il video di Sabar, diretto da Megan Stancanelli,è ambientato in Senegal sull’isola di Gorée, anche conosciuta come l’isola degli schiavi, location evocativa e struggente, spazio psico-geografico i cui abitanti rivendicano una gioia di vivere fuori dagli stereotipi e dalle sofferenze economiche e sociali. 

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