di Licia Romano e Franco D’Agostino – Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali – Sapienza Università di Roma
Abu Tbeirah è un grande sito sumero, di 43 ettari, situato 6 km a sud-est di Nassiriya, Provincia di DhiQar, e 16 km ad est di Ur, la città biblica di Abramo, l’arabo Ibrahim. Sapienza Università di Roma, è attiva su questo sito da cinque anni, con una missione italo-irachena formata da diversi archeologi e specialisti di entrambi i Paesi.
La decisione di scavare il sito di Abu Tbeirah è basata su valutazioni complesse, che hanno preso in considerazione non solo l’ovvia necessità di produrre un importante risultato scientifico, ma anche la situazione politica specifica dell’Iraq di oggi. In realtà, anche se il Tell non è stato toccato dal lungo periodo di saccheggio che ha caratterizzato i periodi di guerra e dopoguerra tra il 2003 e il 2007, attività che hanno distrutto molti siti della Provincia, la posizione di Abu Tbeirah vicino alla città e in una zona ricca di sorgenti di petrolio, chiamata ar-Rafidain, mette il sito a rischio di danni anche in periodo di pace, per l’intenzione della Iraqi National Oil Company di aprire nuovi pozzi nella zona. Dopo l’inizio degli scavi, la Soprintendenza dell’Iraq è stata in grado di proteggere il sito sia dalla crescita della città,che dalle pressioni delle compagnie petrolifere.
L’antica città di Abu Tbeirah fiorì durante il III millennio a.C., in particolare nel cosiddetto Proto-Dinastico, un periodo di estrema importanza per la formazione delle città-stato e l’evoluzione della storia politica del meridione fino all’unità di tutta la Mesopotamia sotto Sargon di Akkad (2700-2200 a.C.).
Gli scavi condotti fin ad ora hanno messo in luce le ultime fasi della vita di una città ricca e molto estesa. In particolare, una ricca zona cimiteriale è stata portata alla luce nella parte sud-orientale del sito, area che mostra una ricchezza rara di differenti costumi funerari (sepolture in semplici fosse, in bare, inumazione primaria e secondaria, sepolture multiple e così via). Sotto questa ultima fase cimiteriale, è stato trovato un grande edificio, già visibile dalle immagini satellitari a nostra disposizione. L’edificio è ancora oggi in corso di scavo: durante l’ultima campagna è stata evidenziata una superficie totale di oltre 600 mq. Questo edificio è realizzato in mattoni di fango e composto da diverse camere disposte attorno a una grande corte di ca. 80 mq. Una fila di camere corre parallela alla corte stessa a sud-ovest e almeno altre quattro stanze perpendicolari si trovavano sul lato est. Canali dovuti alla pioggia si trovano nell’angolo nord est dell’edificio, erodendo la parte superiore della struttura che ora è appena visibile immediatamente sotto la crosta di sale che caratterizza la superficie di Abu Tbeirah. Lo scavo dell’edificio ha portato all’identificazione di due fasi di utilizzo, contraddistinte da un diverso modulo di circolazione interna e dalla identificazione di due differenti pavimenti. Sotto la superficie di entrambe le fasi degli edifici sono state scoperte numerose tombe, la maggior parte delle quali appartenenti a bambini. È chiaro che abbiamo a che fare con una costruzione istituzionale importante, la cui natura è ancora da chiarire. L’edificio nella sua ultima fase è stato costruito con mattoni crudi e canne, come si è detto, una tecnica di costruzione ancora in uso tra i Ma’dan, gli abitanti delle Marshland attuali.
Ma questo non è l’unico punto di contatto tra la tradizione contemporanea di questa parte dell’Iraq e gli antichi Sumeri: il nostro scavo ha portato alla luce dati che possono testimoniare una dieta comune (il pesce è uno dei prodotti più consumati ora come nel III millennio a.C.) e anche costumi funerari simili (abbiamo scoperto una culla di vimini in cui era sepolto un bambino, usanza ancora in uso tra gli Arabi delle paludi).
Gli scavi di Abu Tbeirah stanno applicando le più recenti tecniche di scavo e di documentazione, sino ad oggi mai applicate in Iraq meridionale, garantendo per la prima volta una conoscenza affidabile di questa parte della Mesopotamia durante il III millennio a.C., un periodo ancora oggi scientificamente nebuloso.
Il team è stato composto in modo da avere un approccio multidisciplinare alla ricerca archeologica. Si effettuano campionamenti sistematici, con le più moderne tecniche di analisi, che permetteranno di analizzare le attività dell’uomo sumerico nella micro- così come nella macro-scala. Per far fronte all’enorme quantità di informazioni e al fine di consentire una rapida ricostruzione storica, è stato utilizzato un approccio ingegneristico, realizzando una piattaforma dedicata (Ibr@im database) per la gestione dei dati archeologici.
Moderni metodi stratigrafici di scavo, una nuova procedura di campionamento accurato, studi antropologici, archeozoologici e paleobotanici, unitamente alle più innovative analisi scientifiche (analisi degli isotopi per la ricostruzione della paleo-dieta, analisi del DNA dei resti faunistici e umani, analisi delle impronte digitali sulla ceramica e così via) stanno gettando una nuova luce sulla vita quotidiana dei Sumeri, sul loro modo di vivere, sui loro costumi e tecnologia.
I mausolei reali della 3a dinastia di Ur illuminati per effettuare il laser scanner
Le attività della Missione, finanziati dalla Sapienza, dal Ministero degli Affari Esteri e da partner privati (SGI Studio Galli Ingegneria, IVECO, IDS e Fondazione Gennaioli), non sono stati fermati dalle difficoltà connesse alla presenza di ISIS nel nord della Paese, ciò grazie essenzialmente all’aiuto dei colleghi iracheni. La squadra, anche se ridotta di numero, è stata in grado di continuare le sue attività anche durante l’autunno scorso nella città sumerica. Le operazioni sul campo e gli spostamenti sono stati resi più facili dal veicolo donato alla missione da Iveco, un Daily 4×4 arrivato direttamente dall’Italia.
Gli scavi di Abu Tbeirah non sono però le uniche attività svolte dalla Missione iracheno-italiana. Infatti, la presenza a Nassiriya della missione sta contribuendo al rinnovamento del turismo e della vita culturale sia della città che della Provincia di Dhi Qar. Per colmare le competenze nella conoscenza archeologica, a causa del lungo periodo di guerra e isolamento del Paese, gli esperti della missione tengono corsi di Capacity Building e formazione “on the job” dedicati al personale della Soprintendenza dell’Iraq. I corsi, patrocinati dall’Ambasciata Italiana a Baghdad e dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri italiano, si sono concentrati sui temi più importanti della ricerca archeologica e storica: filologia e scrittura cuneiforme, metodologia di scavo e stratigrafia, topografia e documentazione grafica, ceramica, antropologia fisica e tafonomia, archeozoologia. Inoltre, la presenza della missione nell’antica capitale sumerica di Ur, dove si trova la casa di scavo, ha portato a valutare i danni ai monumenti più significativi del sito, danni dovuti principalmente alle condizioni meteorologiche estreme e alle precipitazioni invernali. Così, insieme alla Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri italiano e all’Ambasciata italiana a Baghdad, grazie agli sforzi di SE l’Ambasciatore Massimo Marotti, abbiamo iniziato una serie di progetti al fine di produrre progetti di conservazione dei principali monumenti della grande capitale sumera che richiedono un intervento immediato. L’anno scorso è stato completato il progetto di manutenzione dell’É-dublamakh: si tratta di un piccolo tempio all’ingresso del recinto sacro della Ziggurat dedicata a Nannar, il Dio-Luna dei Sumeri, che conserva intatto il primo arco della storia dell’architettura. Inoltre, un drone per uso civile è stato utilizzato per la realizzazione di una topografia dettagliata e aggiornata del sito di Ur.
Quest’anno, il lavoro è stato incentrato sul complesso dei cosiddetti Mausolei della III Dinastia di Ur (XXI secolo a.C.). La struttura è caratterizzata da camere funerarie sotterranee con volte a botte, oggi sostenute solo da qualche trave messo a sostegno della struttura dall’archeologo inglese Sir Leonard Woolley negli anni ’20. Per la prima volta in ottant’anni, queste tombe sono state pulite e illuminate per consentire la scansione 3D delle strutture. La documentazione è stata prodotta utilizzando un mix di tecnologie tra le più moderne, come il laser scanner già citato e la cosiddetta mappatura 3D basata su foto: è stato molto difficile introdurre in Iraq questi strumenti, a causa del delicato momento storico, ma queste difficoltà sono state superate grazie alla collaborazione dei colleghi del Ministero del Turismo e dell’Archeologia iracheno. I lavori proseguiranno nel 2015 con un ulteriore progetto sulla Ziqqurat, la grande torre templare del dio Nannar, ora soggetta a deterioramento a causa degli agenti atmosferici e dell’acqua piovana. Questo progetto è stato finanziato dalla Cooperazione allo sviluppo con l’assegnazione di 450.000 € al Dipartimento – Istituto Italiano di Studi Orientali di Sapienza, Università di Roma.
Questi progetti stanno contribuendo all’inclusione del sito di Ur nella Lista del Patrimonio tutelato dall’Unesco. Nel febbraio 2014, infatti, il governo iracheno ha presentato una domanda di iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale per le paludi del sud dell’Iraq (Marshlands) e i tre importantissimi siti di Ur, Eridu e Uruk. A causa della presenza della missione italo-irachena nel sud del paese, l’UNESCO ha nominato Franco D’Agostino in qualità di esperto per la preparazione del dossier assieme alle autorità irachene.
Tutte queste attività, volte a preservare e valorizzare lo straordinario e immenso patrimonio archeologico e culturale dell’Iraq, dimostrano che, nonostante la minaccia rappresentata dallo Stato islamico nel nord, il Paese ha la volontà, la possibilità e la capacità di reagire e di essere considerato per il ruolo fondamentale che detiene nella storia dell’umanità, una nazione la cui tradizione culturale e storica appartiene all’umanità intera.
in copertina: Ziqqurat di Ur