a cura della redazione
Era la metà di agosto e c’era un ragazzo che parlava ad alta voce, seduto su un asciugamano, sull’erba, in uno dei mucchietti di ragazzi che occupavano sconfinatamente il prato di fronte al palco del Sziget Festival; era un momento di pausa, chiacchieravano e lui ha detto, in un inglese un po’ stentato, “Ci vorrebbe uno come Gorbacëv ora, per l’Europa, per il mondo”. A colpo d’occhio il ragazzo è giovanissimo, probabilmente nato dopo la caduta del Muro di Berlino, dopo l’intervento di Gorbacëv, che per lui forse è più leggenda che storia, simbolo di rinconciliazione, anche se molti altri muri sono ancora eretti sul confine di troppi luoghi, di troppe Nazioni. Siamo a Budapest, sull’Isola di Óbuda, in Ungheria, e proprio in quel momento, altrove, sempre in Ungheria, il governo locale sta costruendo un muro lungo il confine con la Serbia, per bloccare il flusso di immigrati. Presto l’Europa avrebbe aperto gli occhi su un problema mondiale e il resto è cronaca dei giorni nostri. Ma è proprio così, nei discorsi conviviali di una moltitudine di ragazzi che si confrontano nell’attesa tra un evento e l’altro, che si costruisce un nuovo senso di comunità. L’Isola della libertà dello Sziget Festival, vincitore del premio EFA come Miglior Festival Europeo nel 2014, raccogliendo una partecipazione di ragazzi immensa – i cosìdetti Szitizens, più di 415.000 da tutto il mondo – con un’offerta musicale e artistica che abbraccia tutti i generi (anche con grandi partecipazioni: Robbie Williams, Florence + The Machine, Limp Bizkit, Alt-J, Martin Garrix, Dixon, Avicii, Knife Party, Foals, Interpol, Gogol Bordello, Babylon Circus, Jungle) descrive un nuovo modo di pensare la collettività, l’incontro tra culture, la condivisione. Tra musica, arte circense e di strada, visual art, zone dedicate allo sport e alla queer culture, il Sziget Festival sembra dire che ci sono luoghi dove si può essere giovani per sempre, sospinti da un flusso energetico che sa di élan vital. E ci ricorda che ci sono luoghi utopici che sono reali, dove tutti i muri sono caduti, non solo quelli di cemento.