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Dal giorno in cui la prima discoteca accese il suo mixer, dal momento in cui passò il primo disco in radio, iniziò la diatriba tra musicisti e dj – al secolo disc jokey – dove i primi additavano i secondi di essere musicisti mancati che vivono delle glorie altrui. Ma è proprio così? Noi, che la musica la amiamo tutta – perché, qualunque tipo di musica, se la conosci la ami – non siamo molto d’accordo sulla presunta inutilità dei dj, anzi, a orecchio ci sembra che il ruolo del dj è cruciale, fondamentale, imprescindibile per tutto il funzionamento del sistema discografico. Chi se non il dj scova i dischi migliori, le nuove hit e ne decreta il successo in pista o sulle frequenze radiofoniche? Il dj è un po’ come il sommelier: non sempre è un viticoltore, ma sa degustare il vino, riconoscerlo e esaltarlo. La stessa cosa è con la musica. Molti dj sono anche musicisti, producer e produttori, ma hanno scelto di assaporare la musica degli altri e di darli spazio remixandola in fila con altri brani che si rafforzano l’uno con l’altro.
Tutto sommato, il mixaggio audio è una forma di collage e il collage è l’arte tipica delle avanguardie. Bene, lo abbiamo detto: i dj sono tipi da avanguardia.
E se per una volta dj si scrive deejay, allora si tratta di un’avanguardia specifica, tutta italiana, a otto mani e otto orecchie. Si tratta del dream team di Deejay Time: Albertino, Prezioso, Fargetta, Molella. Quattro dj d’eccezione che sono tornati in tour con il loro spettacolare Deejay Time, live che prende il titolo dal programma di Radio Deejay che ha fatto storia, un tour che venerdì 5 luglio ha fatto tappa al Valmotone Outlet Summer Festival (Valmontone – Roma).
Albertino, Prezioso, Fargetta, Molella, in ordine di apparizione sul palco, hanno shakerato la folla tra salti e onde di braccia e mani, con una selezione di strepitose hit dance degli anni 90, allineandosi con la riscoperta della cultura pop dell’ultimo decennio del secolo scorso, fenomeno che nell’ultimo anno ha toccato i settori del fashion e del design oltre a quelli della musica e dello spettacolo. Insomma, tra pantaloni a vita alta e ventri scoperti, Stranger Things, Take That e Spice Girls, era il momento di rispolverare anche qualche musicassetta di Hit Mania Dance, senza mancare di aggiungere degli elementi di novità come vuole la musica elettronica.
I quattro deejay sono saliti sul palco quasi come quattro supereroi pronti a portare musica, energia e spensieratezza provenienti da un altro tempo e un altro spazio. Complice di questa attitude da supereroi è sicuramente l’impronta grafica dei gemelli Van Orton – duo italiano tra i più interessanti nel panorama del graphic design europeo – che dal 2016 cura il tour concept design del Deejay Time e ha disegnato i volti dei deejay come fossero personaggi di un fumetto futuristico. Il concept estetico dei Van Orton si fonde con quello del vj Glamnoise – altro superlativo artista italiano – che dal 2014 crea i visual sui ledwall che circondano i deejay durante i live, in un connubio che restituisce atmosfere spettacolari di arte integrata.
C’è una strofa della canzone 2030 degli Articolo 31 che dice “Tanta nostalgia degli anni 90, quando il mondo era l’Arca e noi eravamo Noè”, ammiccando all’altra celebre canzone di Raf, che a Sanremo ’89 si chiedeva cosa sarebbe rimasto degli anni 80 con un tono ben diverso dalla disillusione distopica del testo dei rapper milanesi, che già vedevano la resa dei conti che avrebbe contraddistinto i primi 30 anni del 2000. La stessa canzone diceva anche che negli anni 90 “C’era la musica, c’era la musica”.
Nel 2019 possiamo dirlo con certezza: la musica c’è ancora.