di Jamila Campagna
Il progetto Essere Eterni di David Salge è concepito come una metodologia di ricerca applicabile a vari contesti ambientali e urbani; nella sua tappa romana è stato presentato da Chiaroscuro arte contemporanea in un’esposizione a cura di Francesca Longo e Rossana Macaluso [Essere Eterni, 14 maggio – 1 giugno 2019].
Il progetto è una sorta di revisione contemporanea della “Expedición Botánica del Nuevo Reino de Granada, guidata da José Celestino Mutis nei territori dell’attuale Colombia fra il 1783 e il 1816 durante il Regno di Carlo III di Spagna. In quell’occasione furono classificate ed essiccate migliaia di specie di piante e realizzate altrettante illustrazioni. Queste collezioni furono trasportate in Europa e conservate a Madrid nel Real Jardín Botánico e nel Museo Nacional de Ciencias Naturales“*. L’operazione di campionatura botanica è segnata da una complessità autobiografica, essendo l’artista nato a Bogotà e recando in sé il dovere etico di fare i conti con una precisa identità collettiva, un’identità cresciuta in seno ad un ambito colonialista e in fase di continua dialettica nel presente post-coloniale.
Dalla catalogazione come forma di dominio culturale sul territorio, si passa alla catalogazione come forma artistica di avvicinamento all’indomabile naturale, quel Terzo Paesaggio definito da Gilles Cleménts, quella flora autoctona e spontanea che viene fuori dall’asfalto sbreccato o laddove i prati dei terreni non edificati ancora lambiscono la città e segnano la soglia del periurbano. In un’Era che verrà ricordata come l’inizio dell’Antropocene, quando la plastica sarà presenza fissa negli studi geologici e archeologici, lo spazio espositivo diventa qualcosa a metà tra un hortus conclusus e un museo di scienze naturali, il luogo protetto dove il processo naturale spontaneo viene trasformato in processo creativo condotto dall’artista che arriva a fissarlo sotto forma di micro monumento: una serie di riproduzioni tridimensionali in carta delle piante, sculture calcografiche, nate da un particolare procedimento che l’artista ha sviluppato negli anni, sculture iperrealistiche al punto da sembrare piante reali immobilizzate sotto una colata di calce; accanto alla serie scultorea, tavole botaniche vere e proprie, un erbario con esemplari di piante essiccate e disposte su carta sotto vetro.
Processualità e fissità non sono l’unico dualismo che si condensa nell’opera di Salge. La transitorietà del ciclo di vita naturale di una pianta ha, in effetti, l’eternità come sua doppia faccia, intrinsecamente racchiusa proprio nel concetto di ciclicità: il sistema-pianta germoglia, cresce e, prima di perire, si feconda e semina, aprendosi ininterrottamente al futuro.
Lo stesso accade in questa ricerca artistica, un percorso di rimandi dalla Colombia all’Europa, dalle Grottesche caratteristiche della pittura parietale romana alla scultura contemporanea, tra la Storia e il quotidiano, dove concept e sapienza materica e iconografica si incontrano e coincidono.
*Tratto dal testo curatoriale.