di Francesco Rosetti
Appunti in ordine sparso su un fenomeno da indagare: Carlo Vanzina perseguì ostinatamente la serie b, anche a livello produttivo. In questo oltre e più che della commedia all’italiana, è figlio della farsa scatenata degli anni Settanta, di Lino Banfi e Franco e Ciccio, però più patinata (erano pur sempre gli anni Ottanta). Lui e il fratello rimasero sempre più sceneggiatori e scrittori che registi, un limite rispetto al padre Steno (uno dei pregi di un cult come Febbre da cavallo, oltre alle battute e al cast perfetto, era proprio nella velocità scatenata e modernissima della regia di Steno, degna di un John Landis). Lo sguardo volle essere mimetico, meno interpretativo rispetto ai grandi della commedia all’italiana e quindi meno aperto ai loro voli allegorici e artistici, ma sociologicamente molto preciso. Nei film più ambiziosi, i thriller, che necessitavano di uno sguardo più teorico, non furono proprio all’ altezza e infatti Vacanze di Natale è un cult, Sotto il vestito niente no. I film buoni sono tre, quattro, che descrissero con assoluta precisione gli anni Ottanta, anche se poi la vena si inaridì e forse non ebbero gli attori che erano a disposizione dei grandi della generazione precedente, poiché De Sica e Boldi sono due notevoli caratteristi, ma non sono Sordi e Tognazzi, tanto meno Totò o Franco e Ciccio.
La nostalgia, non tanto di un tempo (gli anni Sessanta), ma del Tempo e delle sue tracce è il loro tratto autoriale e biografico. In fondo sono uno degli esempi più rilevanti di un periodo di passaggio del nostro cinema e della nostra società che ancora dura e che loro hanno voluto incarnare, per questo sarà sempre difficile stabilire quanto il loro sguardo fosse distaccato e satirico e quanto empatico e complice verso la realtà raccontata.
In copertina: Virna Lisi, frame da Sapore di mare (Italia, 1983)